Alcuni testi dal catalogo
www.artshakefestival.blogspot.com
Art Shake promuove arte caratterizzata da ibridismo linguistico e molteplicità di media, che lenisca con la meraviglia le ferite del reale.
Un fil rouge lega le arti visive alla musica, la performance e alla letteratura, sangue di quest’epoca controversa di cui metabolizzano inquietudini e contrasti, spellandoli, sviscerandone sovrastrutture socioculturali e cucendovi su altre pelli, fatte di immaginazione. Un’epoca in cui i blog e la poesia, i fumetti e la storia dell'arte, sono ugualmente fonti di ispirazione, maestri di un linguaggio di segni ad elevato potere sensibile, rimedi dell'immaginario a una realtà schizoide.
LUSESITA:
La fragilità della ceramica è la delicatezza di creature sottoposte ad una metamorfosi, operata dall’immaginario dell’artista, chirurga di bambole e navigatrice del tempo, degustatrice di biscottini al veleno fatti con tessuto di cuore. Cuocere (la ceramica), cucire (i corpi di molte sculture), generare (tutto un mondo d’arte): attività attribuite al femminile, che entrano in un mixer in cui, senza distinzione di genere, si amalgamano sogni ad occhi aperti e desideri spezzati, ali fragili e inutilizzabili, armature a protezione di sensibilità di donna, che delle proprie lacrime fa ornamento di sé.
Collage da riviste retrò anni 50, illustrazione ottocentesca ed esseri amorfi con casco da astronauta, o forse palombari, formano poesie di ceramica partorite dall’artista perché cantino di ferite ricucite, desideri che mantengono vivi, baci rinchiusi nello scrigno intarsiato del suo cuore, di cui ogni opera è un pezzetto, offerto a tutti noi. Da maneggiare con cura, accarezzandolo con gli occhi.
:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::Español:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
La fragilidad de la cerámica es la delicadeza de las criaturas metamorfoseándose de Lusesita, cirujana de muñecas y navegadora en el tiempo,degustadora de galletas al veneno hechas de tejidos de corazón. Cocer la cerámica, coser los cuerpos de muchas esculturas, generar todo un mundo de arte: actividades atribuidas a lo femenino, que entran en una mezcla donde,sin distinción de genero se juntan sueños con los ojos abiertos y deseos rotos, frágiles alas, inutilizables armaduras protecciones se sensibilidad de mujer que lleva sus propias lágrimas como joyas.
Collages de revistas retro de los años 50, ilustraciones del siglo XIX y seres amorfos con cascos de astronautas o quizá buceadores forman poesías de cerámica paridas por la artista, para que se canten sobre heridas recosidas, deseos que siguen vivos, besos encerrados en el cofre tallado de su corazón, cada uno un trocito ofrecido a todos nosotros. Para ser manejado con cuidado acariciándolo con los ojos.
MAICOL & MIRCO
Esseri amorfi in mondi fatti di protuberanze organiche mollicce irridono stereotipi e paure normalmente soggette a quotidiane esorcizzazioni. Dal fumetto alla tela, l’humour noir degli artisti gioca a palla con le budella del perbenismo e stacca a morsi le escrescenze virulente di ipocrisie socialmente accettate. Come teppistelli di periferia con le moto, da bulli ridicolizzano timori di morte e deformità. Deformi e destinati ad essere disillusi, i loro personaggi si lasciano andare ad una spensieratezza nichilista, mentre giocosi si impenano nella gestione dei loro mondi di organismi autoriproducentesi.
E rimaniamo tutti soli con le nostre consapevolezze addormentate tra le viscere dell’esistenza.
108
Forme nere catturano chi le osserva nell’inquietudine di ciò che resta misterioso e non si svela, ma crescendo, informe, ha in sè tutte le forme dell’immaginario e fa a brandelli ogni tentativo di identificazione, di attribuzione di una forma precostruita, di senso finito.
Sagome nere che emergono dall’ inconscio si aggrappano ai muri delle città, si spandono sulle tele affascinando con la carica enigmatica e carismatica di un mistero arcaico di cui sono segni, prodotti dall’io non condizionato dalla parte cosciente, dalla ratio.
108, il nome dell’artista, è un numero intriso di simbologia mistico-esoterica, che libera le pulsioni svincolandole da ogni capitalizzazione, globalizzazione, condizionamento del pensiero e della creatività, del sentire e della comunicazione. L’informe è l’essere in potenza, l’essenza oltre la forma, oltre ogni convenzione, che sfugge alla manipolazione della “polizia segreta del subconscio”. E’ potenza non controllata e perciò occulta, che si riallaccia a neolitiche credenze per ritrovare gli antichi legami con le entità impalpbili, unica catarsi di un mondo che idolatra il materiale e capitalizza e violenta il proprio lato spirituale.
SILVIA IDILI
Umano e animale hanno una comune essenza nell'inquietudine che abita spazi incerti, senza luoghi, fatti di buio. O con un interruttore della luce a suggerirvi possibili realtà visibili dietro un mistero: l’arcano intuibile e inafferrabile del destino che accomuna esseri umani e animali, colti dall’artista in un gioco delle parti fatto di gesti sopesi.
Negli oscuri luoghi dipinti tracce di quotidianeità suggeriscono presenze, tramite oggetti riconoscibili persi in un tempo lontano di aritsocratiche bisnonne, in confronto a cui si ha l’impressione di giungere in ritardo.
L'animale antropomorfo distorce l'esclusività del relazionarsi, della malinconia, del sentire. La comune appartenenza è esperita dall’uomo acefalo che assume testa di bestiola e risiede in quegli spazi indefiniti e oscuri, dove tutto è accaduto e sta per succedere e la ragione cede spazio al sentire.
PEIO PEEV
Disegni e schizzi sono una raccolta di suggestioni e visioni, trasferite su carta con un’immediatezza che congela in un disegno l’attimo in cui il corpo cede e mostra la propria deformità. Ogni incontro, ogni persona, attori di un film, giocattoli o eroi dei fumetti sono dall’artista scorticati, indagati e mostrati sul foglio nel loro aspetto mostruoso, ridicolo, inquietante.
La deformità è l’interazione emozionale con l’altro, senza filtri.
Peio ricostruisce la realtà e i ricordi mescolando tratti somatici, situazioni, personaggi, sovrapponendo azioni e ruoli, che spiazza.
Offre un cosmorama del suo interfacciarsi col mondo, che ricostruisce secondo il proprio sguardo. Con il suo sguardo vediamo personaggi e situazioni in cui il tempo è sospeso, così come sono sospesi ogni giudizio e ogni interpretazione. Resta solo lo scorticamento di quella patina lucidante che nelll’odierno confondersi sempre maggiore di reale e virutale, rende tutto finzione.
Peio coglie ognuno nel momento di distrazione dal proprio ruolo e con un gesto rende la distrazione eterna.
MOIRA RICCI
Se il “the end” fosse stato tragico io sarei stata piú abituata a soffrire per le delusioni d'amore”. La tv, il cinema, parte della letteratura offrono visioni dell’amore a lieto fine, drammi di vita che attingono alla realtà per consolarci delle delusioni che sovente riserva.
Il lieto fine è l’illusione cinematografica che fornisce facili speranze di risoluzione positiva delle complicazioni sentimentali. Cosa sarebbe successo a Sandy di Grease, Holly di Colazione da Tiffany, Ariel del disneyano La Sirenetta se avessero perso per sempre i loro amati? Che a noi bambine non avrebbero proposto ulteriori storie a lieto fine che ci lasciano impreparate alle sofferenze della vita, sognando principi azzurri e trionfi di amori imperituri. La vendetta è allora cambiare i finali dei film, rimontarne le immagini e far soffrire anche loro, le Sandy e le Holly, le donne dell’happy end come il Tempo delle Mele o Top Gun e tanti altri film culto, con lieto fine da lacrime e pop corn.
Nella vita reale però i pop corn sono spesso salati di lacrime e, operare una finzione nella finzione per recuperare un senso di realtà contro la proposizione di sdolcinati e illusori modelli di massa, è tanto ironico, quanto drammatico. Un gioco apparentemente spensierato, che attinge a sentimenti profondi, in cui ogni donna sa riconoscersi.
KAFRE
Studia la simbolizzazione dei contrasti spirituali e della pretesa di illustrare e definire la totalità, senza cadere nell’errore della rappresentazione, illusione e tradimento. La realtà infatti eccede sempre la nostra capacità di analisi concettuale.
Nel lavoro di Kafre confluiscono i suoi studi dell’arte e della mistica medioevali, delle illustrazioni alchemiche e dei bestiari e di ogni arte che indaghi il processo di conoscenza, fin dall’antichità.
La consapevolezza dell’impossibilità della conoscenza assoluta e della salvezza nel Divino è la maledizione dello gnostico, la dannazione di un’esistenza che porta il marchio dell’abbandono, dello scisma tra l’uomo e i Misteri del cosmo. La ciclicità, il dualismo e l’eterno ritorno, l’Uroboro associato alla continuità del tempo, al divino e al terreno, luce e lama, il conflitto con la storia e il tentativo di dare corpo e aspetto alle proprie ossessioni, sono la base di un’arte come rituale alla ricerca di un equilibrio. La creazione di un mondo di simboli serve per conoscere e orientarsi lucidamente nella “foresta di simboli” della realtà.
SILVIA ARGIOLAS
Dentro favole dipinte, ragazzine sognanti hanno echi di incubo tra i capelli e tra le braccia rami d’inquietudine. Abitano foreste e boschi, che allungano artigli a protezione e i cui colori si sfumano a formare esseri morbidi e trasparenti, pronti a offrire dolcezza. L'apparenza però non dà certezza che non ci siano violenza e dolore, nè che la trasparenza non sia in(d)izio di una morte.
Il ballo sull’età sospesa in eterna fanciullezza, da leggiadro diventa allora insostenibile, romantica struggenza di malinconica non appartenenza a questa realtà, sempre sul punto di incombere sui luoghi fabulistici dell’artista, con meravigliosa inquietudine.
NORA NOAH WUYTACK
Un mondo delle Meraviglie in cui Alice è cresciuta, ma non troppo e saltella in mondi abitati da animali ibridi e coloratissimi, dalle sembianze allegre e bambinesche, ma velati di malinconia. A volte mostrano di avere una sorprendente ferocia trannenuta, eco delle reali leggi di natura, che l’uomo ha allontanato da sè con codificazioni socioculturali.
Il Bambi dell’artista si divertirebbe a giocare con lamette e rasoi affilati; le sue Alice, bambine come lei abitanti dei propri sogni, delle proprie visioni, così innocenti sembrano stringere un po’ troppo in mano i teneri coniglietti bianchi, spogli della propria autorità.
L’artista gioca con la sovrapposizione dei registri di dolcezza e violenza, dando vita a personaggi in ceramica, con aggiunte di materiali diversi come capelli o veletti, che strappano sorrisi e il cuore a colpi di tenerezza. Bambine vampire e principi porcospini con la coroncina preziosa sembrano estratti dai nostri sogni di bambini, proiezioni delle nostre memorie, delle nostre menti liberate da condizionamenti del quotidiano esistere e pensare. E tutte le poesie delle scuole elementari diventano filastrocche tridimensionali per bambini cresciuti, con idee come proiettili, non sempre caricati a salve.
Art Shake promuove arte caratterizzata da ibridismo linguistico e molteplicità di media, che lenisca con la meraviglia le ferite del reale.
Un fil rouge lega le arti visive alla musica, la performance e alla letteratura, sangue di quest’epoca controversa di cui metabolizzano inquietudini e contrasti, spellandoli, sviscerandone sovrastrutture socioculturali e cucendovi su altre pelli, fatte di immaginazione. Un’epoca in cui i blog e la poesia, i fumetti e la storia dell'arte, sono ugualmente fonti di ispirazione, maestri di un linguaggio di segni ad elevato potere sensibile, rimedi dell'immaginario a una realtà schizoide.
LUSESITA:
La fragilità della ceramica è la delicatezza di creature sottoposte ad una metamorfosi, operata dall’immaginario dell’artista, chirurga di bambole e navigatrice del tempo, degustatrice di biscottini al veleno fatti con tessuto di cuore. Cuocere (la ceramica), cucire (i corpi di molte sculture), generare (tutto un mondo d’arte): attività attribuite al femminile, che entrano in un mixer in cui, senza distinzione di genere, si amalgamano sogni ad occhi aperti e desideri spezzati, ali fragili e inutilizzabili, armature a protezione di sensibilità di donna, che delle proprie lacrime fa ornamento di sé.
Collage da riviste retrò anni 50, illustrazione ottocentesca ed esseri amorfi con casco da astronauta, o forse palombari, formano poesie di ceramica partorite dall’artista perché cantino di ferite ricucite, desideri che mantengono vivi, baci rinchiusi nello scrigno intarsiato del suo cuore, di cui ogni opera è un pezzetto, offerto a tutti noi. Da maneggiare con cura, accarezzandolo con gli occhi.
:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::Español:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
La fragilidad de la cerámica es la delicadeza de las criaturas metamorfoseándose de Lusesita, cirujana de muñecas y navegadora en el tiempo,degustadora de galletas al veneno hechas de tejidos de corazón. Cocer la cerámica, coser los cuerpos de muchas esculturas, generar todo un mundo de arte: actividades atribuidas a lo femenino, que entran en una mezcla donde,sin distinción de genero se juntan sueños con los ojos abiertos y deseos rotos, frágiles alas, inutilizables armaduras protecciones se sensibilidad de mujer que lleva sus propias lágrimas como joyas.
Collages de revistas retro de los años 50, ilustraciones del siglo XIX y seres amorfos con cascos de astronautas o quizá buceadores forman poesías de cerámica paridas por la artista, para que se canten sobre heridas recosidas, deseos que siguen vivos, besos encerrados en el cofre tallado de su corazón, cada uno un trocito ofrecido a todos nosotros. Para ser manejado con cuidado acariciándolo con los ojos.
MAICOL & MIRCO
Esseri amorfi in mondi fatti di protuberanze organiche mollicce irridono stereotipi e paure normalmente soggette a quotidiane esorcizzazioni. Dal fumetto alla tela, l’humour noir degli artisti gioca a palla con le budella del perbenismo e stacca a morsi le escrescenze virulente di ipocrisie socialmente accettate. Come teppistelli di periferia con le moto, da bulli ridicolizzano timori di morte e deformità. Deformi e destinati ad essere disillusi, i loro personaggi si lasciano andare ad una spensieratezza nichilista, mentre giocosi si impenano nella gestione dei loro mondi di organismi autoriproducentesi.
E rimaniamo tutti soli con le nostre consapevolezze addormentate tra le viscere dell’esistenza.
108
Forme nere catturano chi le osserva nell’inquietudine di ciò che resta misterioso e non si svela, ma crescendo, informe, ha in sè tutte le forme dell’immaginario e fa a brandelli ogni tentativo di identificazione, di attribuzione di una forma precostruita, di senso finito.
Sagome nere che emergono dall’ inconscio si aggrappano ai muri delle città, si spandono sulle tele affascinando con la carica enigmatica e carismatica di un mistero arcaico di cui sono segni, prodotti dall’io non condizionato dalla parte cosciente, dalla ratio.
108, il nome dell’artista, è un numero intriso di simbologia mistico-esoterica, che libera le pulsioni svincolandole da ogni capitalizzazione, globalizzazione, condizionamento del pensiero e della creatività, del sentire e della comunicazione. L’informe è l’essere in potenza, l’essenza oltre la forma, oltre ogni convenzione, che sfugge alla manipolazione della “polizia segreta del subconscio”. E’ potenza non controllata e perciò occulta, che si riallaccia a neolitiche credenze per ritrovare gli antichi legami con le entità impalpbili, unica catarsi di un mondo che idolatra il materiale e capitalizza e violenta il proprio lato spirituale.
SILVIA IDILI
Umano e animale hanno una comune essenza nell'inquietudine che abita spazi incerti, senza luoghi, fatti di buio. O con un interruttore della luce a suggerirvi possibili realtà visibili dietro un mistero: l’arcano intuibile e inafferrabile del destino che accomuna esseri umani e animali, colti dall’artista in un gioco delle parti fatto di gesti sopesi.
Negli oscuri luoghi dipinti tracce di quotidianeità suggeriscono presenze, tramite oggetti riconoscibili persi in un tempo lontano di aritsocratiche bisnonne, in confronto a cui si ha l’impressione di giungere in ritardo.
L'animale antropomorfo distorce l'esclusività del relazionarsi, della malinconia, del sentire. La comune appartenenza è esperita dall’uomo acefalo che assume testa di bestiola e risiede in quegli spazi indefiniti e oscuri, dove tutto è accaduto e sta per succedere e la ragione cede spazio al sentire.
PEIO PEEV
Disegni e schizzi sono una raccolta di suggestioni e visioni, trasferite su carta con un’immediatezza che congela in un disegno l’attimo in cui il corpo cede e mostra la propria deformità. Ogni incontro, ogni persona, attori di un film, giocattoli o eroi dei fumetti sono dall’artista scorticati, indagati e mostrati sul foglio nel loro aspetto mostruoso, ridicolo, inquietante.
La deformità è l’interazione emozionale con l’altro, senza filtri.
Peio ricostruisce la realtà e i ricordi mescolando tratti somatici, situazioni, personaggi, sovrapponendo azioni e ruoli, che spiazza.
Offre un cosmorama del suo interfacciarsi col mondo, che ricostruisce secondo il proprio sguardo. Con il suo sguardo vediamo personaggi e situazioni in cui il tempo è sospeso, così come sono sospesi ogni giudizio e ogni interpretazione. Resta solo lo scorticamento di quella patina lucidante che nelll’odierno confondersi sempre maggiore di reale e virutale, rende tutto finzione.
Peio coglie ognuno nel momento di distrazione dal proprio ruolo e con un gesto rende la distrazione eterna.
MOIRA RICCI
Se il “the end” fosse stato tragico io sarei stata piú abituata a soffrire per le delusioni d'amore”. La tv, il cinema, parte della letteratura offrono visioni dell’amore a lieto fine, drammi di vita che attingono alla realtà per consolarci delle delusioni che sovente riserva.
Il lieto fine è l’illusione cinematografica che fornisce facili speranze di risoluzione positiva delle complicazioni sentimentali. Cosa sarebbe successo a Sandy di Grease, Holly di Colazione da Tiffany, Ariel del disneyano La Sirenetta se avessero perso per sempre i loro amati? Che a noi bambine non avrebbero proposto ulteriori storie a lieto fine che ci lasciano impreparate alle sofferenze della vita, sognando principi azzurri e trionfi di amori imperituri. La vendetta è allora cambiare i finali dei film, rimontarne le immagini e far soffrire anche loro, le Sandy e le Holly, le donne dell’happy end come il Tempo delle Mele o Top Gun e tanti altri film culto, con lieto fine da lacrime e pop corn.
Nella vita reale però i pop corn sono spesso salati di lacrime e, operare una finzione nella finzione per recuperare un senso di realtà contro la proposizione di sdolcinati e illusori modelli di massa, è tanto ironico, quanto drammatico. Un gioco apparentemente spensierato, che attinge a sentimenti profondi, in cui ogni donna sa riconoscersi.
KAFRE
Studia la simbolizzazione dei contrasti spirituali e della pretesa di illustrare e definire la totalità, senza cadere nell’errore della rappresentazione, illusione e tradimento. La realtà infatti eccede sempre la nostra capacità di analisi concettuale.
Nel lavoro di Kafre confluiscono i suoi studi dell’arte e della mistica medioevali, delle illustrazioni alchemiche e dei bestiari e di ogni arte che indaghi il processo di conoscenza, fin dall’antichità.
La consapevolezza dell’impossibilità della conoscenza assoluta e della salvezza nel Divino è la maledizione dello gnostico, la dannazione di un’esistenza che porta il marchio dell’abbandono, dello scisma tra l’uomo e i Misteri del cosmo. La ciclicità, il dualismo e l’eterno ritorno, l’Uroboro associato alla continuità del tempo, al divino e al terreno, luce e lama, il conflitto con la storia e il tentativo di dare corpo e aspetto alle proprie ossessioni, sono la base di un’arte come rituale alla ricerca di un equilibrio. La creazione di un mondo di simboli serve per conoscere e orientarsi lucidamente nella “foresta di simboli” della realtà.
SILVIA ARGIOLAS
Dentro favole dipinte, ragazzine sognanti hanno echi di incubo tra i capelli e tra le braccia rami d’inquietudine. Abitano foreste e boschi, che allungano artigli a protezione e i cui colori si sfumano a formare esseri morbidi e trasparenti, pronti a offrire dolcezza. L'apparenza però non dà certezza che non ci siano violenza e dolore, nè che la trasparenza non sia in(d)izio di una morte.
Il ballo sull’età sospesa in eterna fanciullezza, da leggiadro diventa allora insostenibile, romantica struggenza di malinconica non appartenenza a questa realtà, sempre sul punto di incombere sui luoghi fabulistici dell’artista, con meravigliosa inquietudine.
NORA NOAH WUYTACK
Un mondo delle Meraviglie in cui Alice è cresciuta, ma non troppo e saltella in mondi abitati da animali ibridi e coloratissimi, dalle sembianze allegre e bambinesche, ma velati di malinconia. A volte mostrano di avere una sorprendente ferocia trannenuta, eco delle reali leggi di natura, che l’uomo ha allontanato da sè con codificazioni socioculturali.
Il Bambi dell’artista si divertirebbe a giocare con lamette e rasoi affilati; le sue Alice, bambine come lei abitanti dei propri sogni, delle proprie visioni, così innocenti sembrano stringere un po’ troppo in mano i teneri coniglietti bianchi, spogli della propria autorità.
L’artista gioca con la sovrapposizione dei registri di dolcezza e violenza, dando vita a personaggi in ceramica, con aggiunte di materiali diversi come capelli o veletti, che strappano sorrisi e il cuore a colpi di tenerezza. Bambine vampire e principi porcospini con la coroncina preziosa sembrano estratti dai nostri sogni di bambini, proiezioni delle nostre memorie, delle nostre menti liberate da condizionamenti del quotidiano esistere e pensare. E tutte le poesie delle scuole elementari diventano filastrocche tridimensionali per bambini cresciuti, con idee come proiettili, non sempre caricati a salve.
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